La frattura del perone è un evento decisamente doloroso che può coinvolgere una persona, ma che capita molto più di frequente di quanto si possa pensare.

Si tratta di un osso dell’arto inferiore che si trova vicino alla tibia e presenta la medesima lunghezza, ma a differenza di quest’ultima si mostra decisamente più sottile.

Per questo motivo il perone rotto è uno degli infortuni più usuali per gli atleti, ma colpisce anche individui normali durante le sessioni di sport o nelle maniere più improbabili.

Le cause della frattura del perone

La frattura del perone può avvenire per differenti motivazioni, prima fra tutti traumi legati a calci o attività sportive particolarmente intense.

In alternativa la testa di questo osso tende ad infrangersi a seguito di incidenti stradali o rovinose cadute che portano a posizionare la gamba in maniera errata.

Non è affatto da escludere il fattore dello stress, che può inaspettatamente risultare determinante nella fragilità ossea di alcuni soggetti e molto spesso viene sottovalutato anche dai maggiori esperti del settore.

Le tipologie di frattura del perone e rimedi

Quando si parla di perone rotto bisogno tenere in considerazione la differenza tra le varie tipologie di infortunio.

Frattura senza lesioni della caviglia

Si tratta fortunatamente del tipo di problema più semplice da risolvere detto anche frattura composta, che è possibile trattare semplicemente tenendo l’arto bloccato per un periodo di tempo indicato dal dottore.

Per muoversi sarà possibile usare due stampelle e applicare un tutore sulla parte interessata per tenerla allineata ed impedire alla situazione di peggiorare ulteriormente.

Tuttavia qualche seduta di fisioterapia sarà utile per ripristinare la normale mobilità e prendere nuovamente confidenza con una camminata fluida e tranquilla.

Frattura con interessamento della caviglia

In questo caso la situazione si complica almeno in parte, poiché sarà necessario stabilizzare un’articolazione che si presenta come la più delicata del corpo umano, indispensabile per camminare in maniera corretta.

Se questa operazione non viene effettuata da un professionista del settore le conseguenze potrebbero essere gravi in futuro.

Probabilmente sarà necessaria un’operazione di tipo chirurgico, per poter ripristinare una situazione di normalità e prevenire delle forme di artrite che potrebbero sopraggiungere come conseguenza.

Frattura del perone unita alla diafisi della tibia

Se insieme al perone viene coinvolta anche la tibia i tempi di recupero diventano decisamente più importanti e la riabilitazione maggiormente faticosa.

È in questo caso opportuno distinguere se si parla di una rottura longitudinale, obliqua o trasversale e in tutti i casi l’intervento in sala operatoria sarà inevitabile per permettere al chirurgo di allineare nuovamente le ossa.

A seguito l’arto verrà ingessato nella zona interessata per un periodo di tempo variabile, stabilito secondo quelle che sono le speranze di guarigione maturate una volta appurata la situazione reale.

Il supporto è indispensabile per mantenere ferma la gamba ed evitare di dover ricominciare da capo.

Frattura dovuta allo stress

Per stress non si intende un evento traumatico ma una vita logorante dal punto di vista fisico. Capita infatti di frequenti agli atleti o a coloro che svolgono lavori pesanti e sollecitano continuamente la zona degli arti inferiori, compiendo talvolta movimenti poco consoni e naturali.

Si tratta solitamente di microfratture che a lungo andare nel tempo sfociano in una rottura definitiva ma, se invece si interviene in maniera conservativa attraverso il riposo, è possibile riparare alla situazione prima di u eventuale intervento chirurgico

I tempi di recupero

Se si parla di una frattura composta trattata da un medico competente, una persona normale impiega circa 40 giorni a ristabilirsi del tutto, mentre un atleta può scendere a 30 per la presenza di una struttura fisica decisamente potenziata.

Nei casi più gravi, che prevedono l’intervento chirurgico e la successiva ingessatura, si parla addirittura di mesi e questi dipendono dalla risposta del singolo individuo alla terapia del riposo.

Certamente più l’arto viene tenuto fermo e maggiori sono le possibilità di uscirne in tempi più brevi.